Il sacrificio. Tra racconto e dramma by Franco Giulio Brambilla

Il sacrificio. Tra racconto e dramma by Franco Giulio Brambilla

autore:Franco Giulio Brambilla [Brambilla, Franco Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788810559659
Google: IEGVzQEACAAJ
editore: EDB
pubblicato: 2020-05-14T22:00:00+00:00


Racconto e dramma:

il sacramento del sacrificio di Gesù

Il sacrificio di Gesù nella storia della fede

L’imponenza del valore sacrificale della morte di croce e dell’eucaristia nella Scrittura ha facilitato nella storia del primo millennio una ripresa pacifica del significato redentivo della Pasqua di Gesù, allargandolo ad altre categorie come riscatto, soddisfazione e merito (Sesboüé 1990 [1988], 291-403). Per quanto riguarda la valenza sacrificale della morte di Gesù, faremo solo una veloce ricognizione sul periodo patristico, sulla svolta medievale e sul rifiuto luterano della messa come sacrificio.

1. La morte di Gesù e l’eucaristia come sacrificio nei padri. Gli autori della prima generazione cristiana hanno coniugato con naturalezza l’unicità ed esclusività del sacrificio di Gesù e il memoriale eucaristico della Chiesa, definendoli come prosphorá: i doni del pane e del vino immergono il memoriale nella donazione sacrificale del Signore. Così la Didaché parla di «sacrificio puro»; Giustino ricorda che il presidente pronuncia sui doni offerti dai fedeli (prosphérein) l’eucharistía in memoria della passione di Gesù (Apol. 1: 66,1; 67,5); la Traditio apostolica proclama nella preghiera eucaristica: Memores igitur mortis et resurrectionis eius, offerimus tibi panem et calicem, gratias tibi agens… Et petimus, ut mittas Spiritum tuum sanctum in oblationem sanctae ecclesiae. Le due parole memores…offerimus esprimono la prodigiosa sintesi tra il memoriale della Chiesa e il sacrificio di Gesù: «la nostra prosphorá è memoriale della prosphorá di Gesù e va intesa solo come memoriale della prosphorá di Gesù. Così suona la spiegazione dei padri e quindi l’interpretazione normativa della Chiesa antica» (Betz 1960, 107). In Cipriano oblatio e sacrificium diventano sinonimi per dire il senso dell’eucaristia, come nelle multiformi versioni dei sacramentari Veronese, Gelasiano e Gregoriano, fino alla più antica preghiera della liturgia romana (Canon romanus): qui tibi offerimus hoc sacrificium laudis (cf. Neunheuser 1984, 1770-1771). La coscienza patristica, favorita dalla mentalità partecipativa del neoplatonismo, afferma che la celebrazione della Chiesa, offrendo e immolando i doni terreni concessi dalla creazione, si inserisce nel sacrificio di Cristo, il quale permane nella sua unicità, mentre si rende presente nell’azione memoriale della Chiesa. Ciò consente di limitarci a ricordare due testimonianze, una dell’Oriente e l’altra dell’Occidente. La prima è di Crisostomo: «Anche oggi noi ti offriamo (prosphéromen) quel sacrificio (thysía), quello offerto una volta, quello inesauribile. Lo facciamo in memoria (anámnesis) di ciò che è avvenuto allora… Noi non compiamo un altro sacrificio, come faceva una volta il sommo sacerdote, bensì sempre lo stesso; o meglio noi facciamo (ergázomen) il memoriale del sacrificio» (Hom 17,3: PG 63,131); la seconda è di Agostino: Per hoc et sacerdos est, ipse offerens, ipse et oblatio. Cuius rei sacramentum cotidianum esse voluit Ecclesiae sacrificium (De civitate Dei X, 20: PL 41,298), che riecheggia nel limpido testo di Gregorio Magno: «Quanto era celebrato in un tempio della Giudea in immagini umbratili, ora lo celebra il culto (devotio) di tutti i popoli in un mistero pieno e disvelato (pleno apertoque sacramento)… Ora la molteplicità dei sacrifici carnali si è esaurita, e tutti questi doni sacrificali trovano compimento nell’unico sacrificio del tuo corpo e del tuo sangue» (Sermo 60: PL 54,339s).



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